Articoli su Giovanni Papini

1935


Agostino Turla

Incontro con Papini

Pubblicato su: Aspetti Letterari, anno XIII, fasc. I e II, pp. 125-129
(125-126-127-128-129)
Data: 1935



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   lo non ho mai domandato nulla alla letteratura. Questo mio incontro con Giovanni Papini, d'altra parte, non è certo dovuto alla mia qualità (vogliamo scrivere una parola grossa?) di cultore d'umane lettere. Merito di Paolo Toschi; merito, dunque, della buona amicizia. Mi chiama al telefono, alcuni giorni addietro, e mi dice:
   — Abbiamo a cena Papini. Vuoi venirci anche tu? Quattro chiacchiere alla buona. Ma, soprattutto, per te che non lo conosci, la soddisfaziorue d'incontrarti con lui.
   Dire come io sia rimasto dopo una telefonata così semplice non è cosa facile. lo non sono dÌi quelli che s'intuxiticono in qua¬tto e quest'altro cerchio di persone bennato assumnenilo ci-sabrutt► quell'aria disitivolia di chi sa il fatto suo. Non mi piace neuu• che il millantato credito eli quegli altri che trovano sempre, nei mezzo d'un discorso, il momento propizio per odottoreggiare atter. mando; s io do del tu a Mussolini i. l'o.-sono farmi invidia, costoro; non ho mai sa. puto — forse neanche voluto -- imitarli. Son rinsavito quel che son nato: franco come un lombardo, semplice e timoroso co¬me un contadino della 'bassa». E gli uo• mini d'ingegno o di genio. pititto•to che dire • gli do del tu resto in disparte ad ammirarli, • volergli bene sa no valgan la pena, a leggerli nella loro intima ed esterna persona. Trovo poi un gran gusto, quando mi capiti, di poter dire: tho, questo lo quest'altro mi pareva che ...n potesse manifestarsi diverso; quest'al- ftneora In avevo intuito nel ano lato ed ,avio Più Si determina, allora. fra questi uomini e me, una intim►& che stai, naturalmente, non conoscono tua che io vado valutando nella sua portata più vera e naturale. E' fatta della tuia ammirazione e il•l imo amore. E quando s'è detto amore si'■• detto tutto. Percli•, nel trascorrer del tempo o nel mutar delle mode, l'amore se¬sta là, intatto, ed io :n'accorgo che un aspetto non spregevole della inni cultura (ce IMA io tre abbia: r appunti-, questo di con. tumore ad emersa un fedele. Qtunto a Papini, i. non 'ono cresciuto (la giovanissimo nella mia atmosfera. C'è Mato un periodo della mia vita temo si • e no sui vent'anni; ai egli aveva pubbli• cato appena la STORIA DI CRISTO) che facevo anzi sfoggio, noi suoi confronti, di una certa avversioni,: cosi semplice ed aro. filatici) da parer naturale. Erano le sane, se non sbaglio, del '20-21. Si parlava di asta. atroli e di fabbriche occupate, dí marzisino o di !miniamo, di Platone o di Itoumeau, di sociologie e di politiche. Studiato, qual¬che cessa anche in quell'epoca. .4.ern. studiato. Ma lo studio o gli studi non à poi dotto che fossero quelli su cui il nostro discorrete poi) ~e convalidarsi agli olfatti d'una qualche spiritualità che d'avesse il coraggio di soste. nere e di difendo•ve. Ci bastava la Destra scapestrato munificenza rettories o la disin¬volta abilità della nostra improvvisata dia. kit ics. S'usciva, d01,0 getta, mi ricordo, come se il chiuderci 'batto lo spalle la porta di casa fos•0 un eraclero da prigione, e s'andava a respirare la notte su e gita sempre allo stes¬so modo per !o stesso viale. Altri, giovani come noi, prendevan vie traverse. Sentivan bollirsi nelle vene il sangue • la sapevano ,


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rombo delle cascate, sussurro di ruscello, chioccolio di sorgente». E dopo tale volata lirica, questo umoristico svolgimento: «La sua vita stessa è legata all’acqua: ancor fanciullino corre il pericolo d’annegare nell’Arno quando, sulle spalle d’un garzone, lo portavano all’Incisa; da ragazzo poco mancò non naufragasse presso Genova; un’altra volta, venendo dalla Provenza in Italia "del mar Tirreno a la sinistra riva" cadde in un ruscello, non già come persona viva. E non dimentichiamo che per molti anni, a Valchiusa e a Selvapiana, trascorse la vita presso sorgenti e fiumi; e che una delle piú perfette liriche sue fu ispirata dalle "chiare, fresche dolci acque"... In nessun altro poeta, io credo, si può incontrare una quartina tutta composta di nomi di fiumi...» e cosí via per due pagine (268-269).
   È di queste trovare che si ingemma la storia letteraria del Papini: e badate che non se ne lascia sfuggire nessuna. Chi avrebbe tratto profitto dal caso per cui Dante si chiamò Alighieri, che sua madre si chiamò Bella, e il suo primo antenato Adamo? E invece il Papini può iniziarci cosí alla comprensione dell’anima dantesca: «Il suo piú antico antenato conosciuto, il padre di Cacciaguida, si chiamò Adamo, ed egli impersonò mirabilmente, nell’opera maggiore, il genere umano. Sua madre si chiamava Bella, ed egli fu sempre, dalla puerizia alla cima del paradiso, amatore e creatore di bellezza. Il cognome della famiglia derivava, probabilmente, dal latino aliger, ed egli seppe volare, coll’ali della poesia, fino al seno luminoso d’Iddio. Lo chiamarono nel battesimo Durante, che esprime idea di costanza, ed egli fu ostinato nei suoi primi ed alti amori e giustamente sperò che il suo nome dovesse nei secoli durare» (128).
   E della poesia? O si ferma a considerazioni marginali come quando, parlando della lingua della Divina Commedia, è colpito dalla presenza degli otto versi provenzali e di quelli latini («La commedia si potrebbe perfino chiamare, chi volesse spingere all’assurdo la dantesca predilezione del tre, un poema trilingue. Difatti, oltre il volgare italico, ci sono gli otto versi provenzali di Arnaldo Daniello e qua e là parecchi versi latini... Non sazio di tante prede nostrali e forestiere Dante volle provarsi – per ragioni d’arte – a fabbricare un linguaggio tutto nuovo e a nullo noto, e pose in bocca a Pluto e a Nembrotte due misteriosi versi...)» (223) (quasi un esperantista alla Gog) o fa l’estatico, il critico dell’ineffabile: «Mi do per vinto. Il divino segreto della poesia petrarchesca sta in quelle poche sillabe che ricostruiscono nella sensibil fantasia tutto un mondo spirituale» (299).
   Da parte di molti recensori si va dicendo che questa "Storia", storicamente inutile, vale però come creazione papiniana: bisognerebbe avere il coraggio di guardare dentro questo papinianesimo e giudicarlo secondo il suo effettivo valore. Bisognerebbe dire con chiarezza, senza astio e senza amore, che questa "Storia" non ci prospetta nessun problema e non arricchisce la nostra sensibilità, non ci fornisce né un punto di vista originale né una pagina d’arte.


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